Ecografia e… Bon Ton

Grazia, nel Padovano, ha una tiroide malmessa, come le disse un ecografista nel primo step verso la diagnosi finale di Tiroide di Hashimoto. Dopo due anni e mezzo si trova a fare la sua terza “eco capo e collo”, così come la chiamano gli addetti ai lavori: un nome che a lei non è mai piaciuto, poiché le ricorda quando era piccola e sua madre cercava di frenare la sua voglia di correre e saltare con “attenta, piano, fermati ché ti scapicolli!“.
Nome a parte, stavolta le sembra qualcosa di più antipatico del solito, questa ecografia. La tengono sul lettino più a lungo e le fanno tanto male. Ma c’è dell’altro. C’è qualcosa che le dà estremamente fastidio. Le obiezioni che vorrebbe muovere sono due, ma se le tiene, decidendo poi di raccontarle a Care&People, pensando che forse – dice- sarebbe stato più facile.

Punto uno: state a premermi il collo in lungo e in largo con quell’affare mentre parlate, parlate, parlate… tra voi. Capto solo poche parole io, da qui sotto, sapete? Sono ben altri gli elementi della situazione che mi suggeriscono che tu, dottoressa esperta, stai solo insegnando a lei, giovane specialista, a vedere quello che compare sul monitor e a capire come possono mostrarvisi queste tiroidi pazze. Ebbene dottoresse, se invece di sussurrare mi includeste nel vostro campo sonoro, non pensate che non solo sarebbe segno di rispetto per me come persona ma anche evitereste di farmi preoccupare inutilmente?!?

Punto due: state a premermi il collo in lungo e in largo con quell’affare (mentre guardate il monitor e vi parlate sottovoce): perché, dottoressa esperta, non insegni alla tua collega anche che la paziente potrebbe aver male e, anzi, sarebbe forse opportuno informarla – e scusarsi – preventivamente dell’eventuale dolore che le farete sentire?!?

Sembrerà una esagerazione, dice Grazia, ma spiega che certi giorni – evidentemente quando  la sua tiroide pazza si mette davvero a fare la pazza – le provoca male qualsiasi cosa le sfiori il collo sul davanti, persino una maglia, o una collana. Sembrerà un’esagerazione, dice ancora, ma davvero in quel momento si sarebbe alzata e avrebbe lasciato la maestra e l’apprendista lì, così, a guardare il loro monitor e a parlarsi sottovoce. E stava per farlo davvero se non fosse successo che ad un punto la dottoressa esperta abbandonasse il sussurrìo per rivolgersi a Grazia facendole alcune domande.
Le chiede, per esempio, se ci siano stati casi simili al suo in famiglia, se stia assumendo farmaci dedicati.
Le domanda anche: “Chi la segue?”,
Il mio medico” risponde Grazia.
No, no, le chiedevo il nome dello specialista che la segue per la tiroide” obietta la dottoressa esperta.
Nessuno” è la risposta.
Cioè… lei mi sta dicendo che soltanto il suo medico di base la segue per questa cosa?!?!”.
Esatto” conferma Grazia.
E l’ecografista incredula: “Cioè non si è mai fatta vedere da uno specialista?”.
Ma sì, una volta. Ma poi non ci sono più andata, dato che mi aveva detto che dovevo solo tenerla sotto controllo senza assumere farmaci, essendo in autocompensazione”.
Ecco, a Grazia è sembrato proprio strano che la dottoressa si fosse improvvisamente rivolta a lei. Le è sembrato strano che fosse importante, per un’ecografista del SSN, il nome dello specialista che aveva fatto la diagnosi. Le è sembrato strano, poi, che una persona possa mettersi a farti delle domande senza anche spiegarti perché ti chiede quelle cose.
Grazia non è mai troppo sospettosa ed è forse anche un po’ fatalista, ma in quel momento è rimasta lì perplessa a chiedersi come doveva interpretare quest’interessamento. E aveva questo pensiero anche mentre si alzava dal lettino, si rivestiva, aspettava il risultato dell’esame scritto in accompagno di alcune stampe delle immagini ecografiche, poi mentre salutava, mentre se ne usciva leggendo che il quadro era sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente.
Ora, invece, sono ritornate le domande vere, dice, quelle sui rapporti con il paziente  come situazione in cui le più banali regole del comportamento tra persone vengono messe da parte.

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