Recensione del volume “Sanità precaria. Viaggio all’interno di un sistema che ha perso l’anima” (Crisalli G., 2011, DEd’A edizioni).
L’autore si addentra, con competenza ed attenzione precisa, nel mondo della sanità italiana imbattendosi in una realtà composita e sconcertante. Ci rivela un sistema assistenziale ed ospedaliero, tanto pubblico che privato, in gran parte percorso da aberranti situazioni di degrado, truffe madornali, sprechi ingiustificabili, colpevoli incompetenze ed inefficienze, costi di esercizio iperbolici e ingiustificati, tempi biblici di attesa anche per gli esami più urgenti, crimini autentici, sufficienza e cinismo diffusi. La sanità finisce così per essere la madre di molte nefandezze tipiche del nostro carattere nazionale le cui conseguenze sull’economia nazionale sono destinate purtroppo anche ad aumentare.
L’indagine di Crisalli, per un comune lettore, è perciò tutt’altro che rassicurante e si giunge alla sconsolante conclusione che tanto più augurabile è non dover ricorrere né alle istituzioni sanitarie, né agli operatori del servizio. Dai dati emersi e fedelmente riportati risulta specialmente disperante la situazione nelle regioni del nostro Sud, dove le carenze comuni a tutto il territorio nazionale appaiono moltiplicate dalla cronica corruzione e dal malaffare; allo sfascio generale si accompagna l’esemplare voragine della spesa della regione Lazio (€ 1.043,80 milioni) che, da sola, è pari a circa metà del deficit sanitario. Tra le eccezioni positive brilla almeno il caso dell’Emilia-Romagna che, per questo, è meta di un turismo sanitario che grava pesantemente sulle sue capacità ricettive.
A rendere sempre interessante, per quanto sconsolante, il testo vi è la scelta metodologica di aver affrontato i temi in agili paragrafi, senza ricorrere a toni specialistico-tecnici o di supponenza, ognuno dei quali considera un diverso problema, corredato da esemplificativi episodi di cronaca, meticolosamente registrati e documentati, che costantemente avvicinano il lettore alla sua personale dimensione.
Crisalli suscita ulteriori preoccupazioni quando fa opportunamente notare che il nostro Paese invecchia rapidamente e avrà dunque sempre più bisogno di adeguate strutture ospedaliere insieme a personale medico e paramedico preparato: in entrambi i casi, invece, lamenta un preoccupante deficit coniugato ad una crescente riduzione delle risorse a disposizione che portano, tra l’altro, ad un blocco del turn over anche dei medici di famiglia, sempre più anziani e stanchi.
Dei molti temi affrontati, alcuni tra i più interessanti, ma è solo un piccolo campione, riguardano l’esponenziale crescita delle assicurazioni a cui i medici ricorrono per cautelarsi nei confronti di pazienti che, ormai non più frenati da antichi timori riverenziali, intentano loro cause civili e penali. Oppure l’incredibile incidenza delle infezioni contratte nei nosocomi registrate sui ricoverati, pari a centinaia di migliaia di casi ogni anno. Cosa pensare poi dei due milioni di falsi invalidi che sono costati € 16 miliardi alla collettività nei soli cinque anni compresi tra il 2005 e il 2009? Sono miniere di voti di scambio, specialmente nei collegi elettorali delle regioni meridionali. E sono ancora il Lazio, la Campania e la Sicilia a cui, da sole, è imputabile l’80% dell’intero disavanzo sanitario, a causa soprattutto di una cattiva rete dell’offerta. Si potrebbe continuare in questo sconsolante elenco passando per lo scandalo degli appalti diretti concessi a false cooperative sociali che godono perciò di corsie privilegiate ed il cui business si aggira sui 6 miliardi all’anno; o citando gli odiosi casi di concussione di cui sono responsabili medici che convincono i pazienti a pagarli per eseguire interventi in regime pubblico… Ce n’è per tutti, compresi gli enti ecclesiastici che hanno un peso importante nella discutibile sanità privata italiana, ma che, in quanto tali, non sono nemmeno tenuti a presentare bilanci sfuggendo alle rilevazioni.
Tra gli altri meriti della ricerca vi è un buon confronto finale con la situazione dei sistemi sanitari stranieri, da cui il nostro Paese, pure sorprendentemente, non esce sempre sconfitto. Ricca e precisa la bibliografia ed accurato l’indice delle fonti.
Ma se, infine, si volessero individuare delle pecche nel lavoro di Crisalli si dovrebbe notare che ne emerge un’interpretazione del fenomeno troppo economicista e filo-privatista che lo spinge anche in qualche involontaria contraddizione, come quando, dopo essersi lamentato del lacrimevole stato dei nostri ospedali, si compiace però, più avanti, del fatto che la spesa sanitaria italiana sia inferiore alla media dei Paesi OCSE e che siano stati fatti, per risparmiare, passi in avanti riducendo gli ospedali, i posti letto ed il personale. Alcune considerazioni non sono sempre compiutamente motivate e risultano quindi non del tutto comprensibili: è il caso, per esempio, del paragrafo relativo alle proposte di nuovi ospedali, più moderni ed efficienti in sostituzione dei troppi ormai vecchi, nell’ambito del quale viene riportata un’inchiesta del CENSIS in cui si parla di “welfare-mix” come “frutto di divaricazione tra carenza di regole ed abbondanza di offerta” in cui finirebbero per svolgere un ruolo positivo i “care-giver”. Forse una spiegazione in più, per i non addetti ai lavori, non avrebbe guastato.
Perdonabili, poi, gli occasionali refusi sintattico-lessicali sfuggiti forse al correttore di bozze a cui è probabilmente anche imputabile la ripetuta, inspiegabile svista nell’uso di “sacro santo/a” (sic!) o qualche ardito collegamento logico tra un periodo e l’altro in cui si avverte una qualche omissione o taglio tipografico. E poi, forse, non si dovrebbe dire “…la Commissione si ha preso l’impegno” quando ci si straccia, e giustamente, le vesti di fronte alla scarsa preparazione scolastica degli aspiranti studenti di medicina (Fabio Milani).
Davvero interessante, grazie Fabio!
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