Qualche mese fa, con un nostro post, abbiamo dato notizia della presenza, nel mondo della medicina italiana, di un movimento d’opinione denominato Slow Medicine. Questo post aveva, tra l’altro, prodotto alcuni commenti che ci avevano stimolato ad approfondire il tema, mediante una piccola indagine. Nei giorni scorsi abbiamo saputo che la rivista Focus ha dedicato un articolo alla Slow Medicine e non abbiamo resistito alla curiosità di leggere come veniva presentato ad un pubblico molto ampio lo stesso tema da noi trattato.
In realtà siamo rimasti alquanto delusi perché la patinata rivista, nel numero di Novembre 2013, ha dedicato all’argomento solo una mezza paginetta che riporta alcuni dati sul consumismo sanitario, oltre che informare sommariamente sul movimento di Slow Medicine ed i suoi obiettivi.
Ciò che ci ha più stupito, però, è stata l’affermazione che Slow Medicine “ […] invita a fidarsi solo della medicina basata sulle evidenze”. Il motivo del nostro stupore risiede nel fatto che tale affermazione ci sembra in aperta contraddizione con uno dei punti qualificanti del programma di S.M., cioè quello di dare spazio alla “narrazione”, da parte del paziente, del modo in cui egli vive la malattia. La risposta personalizzata, “sartoriale”, che il medico slow propone al proprio paziente dovrebbe tener conto proprio di quegli elementi individuali, unici e soggettivi, che la E.B.M. (Evidence-based Medicine) non può, per sua natura, prendere in considerazione. Infatti, la Medicina basata sulle evidenze prevede che le scelte diagnostiche e terapeutiche adottate dai medici derivino da criteri di tipo statistico che stabiliscono una stima del rapporto fra i benefici ed i rischi che quelle scelte comportano. Questo perché ciò che conta sono i rigorosi studi clinici approvati dalla comunità scientifica che danno vita alle cosiddette linee guida, il nuovo “vangelo” per i medici che adottano la E.B.M. Le caratteristiche personali del paziente, se non sono facilmente riducibili a dati numerici, come avviene, ad esempio, per la composizione chimica dei fluidi corporei o per la pressione sanguigna, sono messe in secondo piano, sullo sfondo. Gli aspetti culturali, sociali, psicologici e, perché no, anche economici del paziente non possono entrare in una medicina “basata sulle evidenze” in quanto sfuggenti, mutevoli e non rilevabili con gli strumenti della professione medica. Infine, se davvero Slow Medicine invitasse a fidarsi solo della E.B.M., ciò sarebbe in evidente contrasto con un altro degli assunti del movimento: quello che il medico deve essere rispettoso delle convinzioni e della volontà del paziente, con il quale concorda un percorso diagnostico o terapeutico e non glielo impone dall’alto, forte del suo sapere e dell’appoggio che gli arriva da entità come la comunità scientifica internazionale, tanto autorevoli quanto insindacabili.
Abbiamo perciò l’impressione che l’articolo di Focus non abbia “messo a fuoco” la novità dell’approccio di Slow Medicine che, pur invitando i pazienti ad essere scettici sulle continue proposte di nuove terapie e prudenti nel sottoporsi ad indagini diagnostiche non sempre innocue, dichiara di voler soprattutto rivalutare l’umanità del rapporto fra paziente e medico, riducendo, l’asimmetria di potere che lo ha sempre caratterizzato in favore di una condivisione delle scelte e dei percorsi di cura.