La malattia cronica raccontata da Cittadinanzattiva.

Cittadinanzattiva, la nota organizzazione che promuove la tutela dei diritti dei cittadini, anche in campo sanitario, ha pubblicato pochi giorni fa sul proprio canale YouTube  la prima puntata di una webserie dedicata alle patologie croniche.

La prima considerazione che ci viene da fare riguarda la presentazione iniziale (al minuto 1.28) nella quale si anticipa che le persone affette da patologie croniche di cui si parlerà hanno  “trovato la voglia di vivere” grazie alla “forza di volontà ed alla voglia di andare avanti e lottare” oltre che al percorso curativo. Questo tipo di affermazioni contribuisce, magari in buona fede, a rafforzare un diffuso atteggiamento nei confronti di chi è afflitto da patologie croniche oppure di difficile guarigione, cioè quello di attribuire una grande importanza alla capacità soggettiva di affrontare la malattia con doti come il coraggio o la forza di volontà. Indubbiamente queste doti, se presenti, possono essere di grande aiuto per la persona malata ma è equo addossare a quest’ultima una parte così importante di responsabilità sull’esito delle cure?

Nel caso presentato, la quattordicenne Sara parla della sua patologia: la sindrome di Turner, un’alterazione genetica che le comporta un deficit di sviluppo e conseguente bassa statura.

sara sindrome di turner

La testimonianza della ragazza è accompagnata da quella della madre, seduta accanto a lei. Ed è proprio la madre (min. 3.45) a introdurre il tema del “problema” psicologico, vissuto da Sara che, fin dall’infanzia, aveva dovuto fare i conti con la sua “diversità”, in quanto “tutti la consideravano più piccola e ‘sta cosa era dolorosa”. Poco dopo è la stessa Sara a ricordare le sue prime esperienze scolastiche, definendo positiva quella delle elementari mentre alle medie il comportamento dei  compagni di classe tendeva ad escluderla. Tuttavia, queste difficoltà non le hanno impedito di proseguire gli studi e, grazie anche alle terapie, di raggiungere un livello di sviluppo fisico che le consente di praticare perfino l’atletica. La capacità di Sara di superare gli ostacoli dovuti alla sua malattia non toglie che un problema di natura sociale, di esclusione sociale, venga affrontato solo dal punto di vista psicologico, in chiave individuale. Infatti, come testimonia la madre, devono essere Sara e la sua famiglia a farsene carico (5.14), mentre altri soggetti coinvolti come la scuola, i servizi sociali, i gruppi aggregativi e, più in generale, la società ne vengono esonerati.

Al termine del video, Sara consiglia di “fare quello che dicono i medici”, pur ammettendo che a lei per prima “non va, in generale”. Questa sua conclusione da un lato ci fa pensare che, nel trattamento di patologie croniche come la sua, è comprensibile prevalga il modello bio-medico, perché è quello che fornisce l’autonomia per “potersi relazionare meglio con gli altri” (min. 5.01), dall’altro rivela un’insoddisfazione che difficilmente potrà essere colmata dal solo intervento psicologico, perché le sue cause risiedono anche nei comportamenti sociali che contribuiscono a determinare la cosiddetta “diversità”.

Attendiamo con curiosità le prossime puntate della webserie di Cittadinanzattiva per raccogliere stimoli e spunti su un argomento caro a C&P. (A.A.)

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