Nella quarta puntata della webserie “ Segui la vita” promossa da Cittadinanzattiva, la patologia cronica di cui si parla è la spondilite anchilosante, una forma di artrite grave ed invalidante. A parlarne è Silvia, una cinquantenne di Venezia, che racconta di aver scoperto di esserne affetta un paio d’anni dopo la gravidanza. La malattia le comportava dolori lombari ed alle anche, difficoltà ad alzarsi dal letto e a riposare. Inizialmente ha avuto anche difficoltà legate alla ritardata diagnosi che è arrivata solo dopo due anni di analisi ed accertamenti. Silvia racconta che il disagio psicologico più forte per lei è stato quello di non riuscire a tenere in braccio il figlio neonato, aggiungendo che ha dovuto fare un “lavoro psicologico” ( minuto 2.35) per far “ cercare di far capire anche agli altri quanto io stessi soffrendo” ed è curioso che lei parli di psicologia in quello che sembra essere un problema di natura sociale. Infatti, subito dopo (min. 2.44), Silvia parla dei problemi relazionali avuti sul posto di lavoro per far comprendere le sue difficoltà e necessità, ma anche in famiglia è stato necessario far considerare la necessità di avere aiuto, ad esempio per potersi alzare dal letto. Inoltre la sua vita di coppia è stata messa alla prova duramente dalla patologia che l’ha colpita.
Quindi la protagonista passa al racconto delle varie terapie cui si è sottoposta, compresa quella biologica, purtroppo con scarsi risultati perlomeno inizialmente. Questo potrebbe essere stato dovuto alla scarsa aderenza di Silvia alle terapie, come lei stessa ammette, a causa della mancata accettazione del dover assumere farmaci ad un’età, ventotto anni, ancora giovanile. E a questo punto (min. 4.43) Silvia parla nuovamente di “lavoro psicologico” fatto su se stessa. Forse la scarsa adesione iniziale alle terapie è stata dovuta alla difficoltà di relazione con il medico specialista, come riferisce, che è stata poi superata grazie all’aiuto di altri pazienti affetti dalla stessa patologia. Infine Silvia accenna al rapporto con il figlio definito straordinario, improntato all’empatia ed al supporto, anche fisico, da parte del giovane che, a suo parere, è diventato una persona sensibile verso i più deboli proprio grazie all’esperienza vissuta nell’assistenza alla madre. In conclusione del video, Silvia, pur precisando che non sempre le terapie sono state efficaci nel suo caso, invita chi è colpito dalla sua patologia o comunque da patologie croniche ed invalidanti, a “parlarne sempre, con chiunque” (min. 6.17) perché è solo attraverso la diffusione delle esperienze che si può incrementare la diagnosi precoce di queste malattie invalidanti che colpiscono alcuni milioni di persone, spesso ignare e inconsapevoli delle gravi conseguenze che tali malattie comportano.
Il tratto comune con le testimonianze precedenti sta nel far riferimento al risvolto psicologico della malattia, che richiede un impegno quasi di tipo lavorativo per poter essere affrontata. Eppure nel suo racconto si colgono aspetti che sono più di tipo relazionale che psicologico, come le difficoltà sul posto di lavoro o quelle con il reumatologo che l’aveva in cura o ancora l’aiuto che le è giunto da altre persone come lei ammalate.
Vedremo nella prossima puntata di “Segui la vita” se questa prospettiva psicologica dalla quale osservare e raccontare la malattia cronica verrà ancora messa in evidenza e quali altre considerazioni ci susciterà il racconto dell’ultimo protagonista della webserie. (A.A.)