Nessun fatto eccezionale, in questo post. Si tratta solo di un avvenimento di ordinaria amministrazione, come si suol dire, di quelli che accadono quotidianamente e a molti di noi quando vestiamo i panni del paziente, spesso con le difese al minimo e l’ottimismo a mille. Si tratta di considerazioni ancora a caldo attorno ad emozioni comuni. Però ha una certa importanza raccontarne, per me. Perché mentre scrivo c’è chi mi guarda dalla foto qui accanto al computer e mi riporta a momenti di molti anni fa, ricordandomi come noi tutti, cari e sanitari congiuranti, salvammo dal suo rifiuto il modello di cura disponibile, neutralizzando la sua capacità decisionale – ed io non pensavo ad ogni volta che avevo e avrei vestito i suoi panni, come ieri, in ospedale di Sabato pomeriggio per una visita specialistica. Raccontare come ci si sente dentro certi meccanismi in momenti di particolare debolezza psicologica e sociale può servire ad armarci – e la metafora di guerra non è qui un caso – contro ciò che ci rende deboli. Continua a leggere