Si è già detto molto sull’ultimo lavoro di Nanni Moretti, Mia madre, nelle sale in questi giorni, e qui vorremmo provare a buttar giù soltanto alcune impressioni, a caldo. Non abbiamo certo intenzione di proporre riflessioni da critica cinematografica. Anche per eventuali sinossi suggeriamo di ricorrere ad altri spazi sul web: non ne mancano di ricche e attente. Noi possiamo cavarcela dicendo che la narrazione si sviluppa tra la quotidianità lavorativa forse un po’ ingombrante di Margherita, regista in crisi nelle relazioni con molti di quanti fanno parte a vario titolo della sua esistenza, e la sua partecipazione alla fine vita di Ada, la madre. L’accompagnamento è condiviso con Giovanni, il fratello, anch’egli in un momento di ripensamento di alcuni aspetti della propria esistenza. Tra routines interrotte e resistenze dell’ordinario, incertezza e insoddisfazioni, poi attraverso risibilità e isterismi, ma in una cornice che offre una pacatezza di fondo e a volte invita a sorridere, si snodano le cure a una madre oramai anziana ma attaccata alla vita e con grandi ricchezze ancora da condividere. Continua a leggere
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“Mia madre” (Nanni Moretti, 2015). Spunti per alcune considerazioni sulla fine della vita.
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“Anche noialtri, che stiamo vicini a chi sta male, non siamo più noi stessi”.
Ospedalizzazione in un ex-ordinario caso di ricovero improvviso: punti di vista.
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Oscar è qui senza una vera programmazione, come invece s’aspettava, cioè senza una preparazione adeguata, insomma per una chiamata improvvisa, ricevuta il giorno prima del ricovero, dato che s’era creata una fortunosa disponibilità di posto. Non che si dovesse preparare chissà come…
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