Quando il medico sorprende

Una lettrice del Veneziano ci racconta – attraverso i propri desiderata e un piccolo aneddoto – qualche aspetto della relazione col proprio medico di base.

Non so cosa non darei per non andare dal mio medico a fare mezze giornate di fila, vedendomi sfilare davanti pazienti che stanno dentro anche ore intere, per poi finalmente entrare al limite della mia pazienza e, come in un baleno, ritrovarmi fuori, già sulla strada di casa, a rendermi conto di esserci stata al massimo sei minuti dentro l’ambulatorio, io, e senza averne ricavato soddisfazioni di sorta. Pochi minuti di visita per mezze giornate di attesa: sono davvero rare le situazioni in grado di darmi un pari sentimento di frustrazione.
Non so cosa non darei per avere un medico di base diverso, ma senza la fatica di andare a fare l’ennesimo cambio presso l’ufficio preposto, senza la paura di fare un altro buco nell’acqua, beccandone uno ancora lontano anni luce dalla mia idea di medico. Non so cosa non darei per avere Stefano, il veterinario del mio cane – o anche Francesca, la sua collaboratrice – come mio medico di base. Il loro lavoro sembra consistere davvero nell’indagine paziente e nella altrettanto paziente traduzione del proprio pensiero, accompagnando l’eventuale diagnosi sempre con supporti più o meno razionali, sensatamente legata a base empirica e casistica, con carattere ipotetico esplicitato e dubbi lasciati emergere. Ci raccontano i nostri animali dicendoci cose che noi non abbiamo gli strumenti per vedere – ma ciò non vale forse anche per i  nostri corpi?
E non mi si venga a dire che è una questione di denaro, perché sono stata liquidata con sentenze autoritarie e fulminee – e anche insignificanti, in molti sensi – da fior fior di specialisti alla cui segretaria ho lasciato centinaia di euro.
Beh, insomma, bando alle divagazioni, dicevo: stavolta ho un dolore sotto alla mandibola, forse all’altezza delle ghiandole salivari; ce l’ho da una decina di giorni. Perciò vado dal medico. Tuttavia, poiché la cosa mi costa enorme fatica, quando vado non è per una questione soltanto. Ho di solito una lista di tre cose da dire. Per esempio  stavolta c’è che è passato parecchio tempo da quando ho fatto l’ultimo controllo mammografico e che forse è giunta l’ora di fare gli esami di verifica della funzionalità della mia antipatica tiroide. Avrei ovviamente altra roba, come ogni volta, però mi do sempre un numero massimo: tre. Altrimenti potrei dar l’impressione di trattare il medico come un compila-carte, come uno a cui vado a dire cosa deve fare o, peggio, ad assediare con tutti i miei problemi. E non lo vorrei mai.
Probabilmente sbaglio anche a mettere insieme tre cose così varie. Il punto è che ogni volta che presento il mio elenco di ragioni che mi hanno portata lì, le questioni quasi burocratiche dei controlli routinari sembrano finire in primo piano o, comunque, togliere importanza al problema vero, senza il quale non sarei nemmeno andata. Boh.
Non è per questo, comunque, che sto scrivendo. Ero qui solo per raccontare come stavolta il mio medico sia riuscito a sorprendermi.
Ebbene, ovviamente un dolore può essere dovuto a un fenomeno infiammatorio e perciò ogni volta il medico prescrive un antinfiammatorio da assumere per qualche giorno e star quindi a vedere cosa succede: come se dopo anni non  fosse ancora riuscito a insegnarmelo, o come se io non fossi stata capace di impararlo, come se non avessi già provato, come se fossi masochista al punto da andare lì solo per farmi dire “prendi per tre giorni l’antinfiammatorio”, cioè come se non mi fossi già fatta un po’ di giorni d’antinfiammatorio. Ma fin qui nulla di nuovo.
Mi dice dunque di prendere l’Aulin, con lo sguardo assorbito dal monitor del computer – l’idea, mia, era che stesse guardando me, attraverso quel monitor, cioè i miei dati, la mia storia. Mi chiede anche se ne ho a casa, se debba prescriverlo.
Sono anni che non lo uso, Aulin e i suoi equivalenti, dottore! Le risulta, caro il mio medico di base, che Aulin m’aveva dato un problema ai reni e che tutto era tornato normale solo dopo che lo specialista di turno mi aveva indicato di sostituirlo con Efferalgan?!? Effetto benefico più blando, è vero, un mero solletichino per la mia cervicale, ma i reni erano tornati a posto, do you remember?
“Eh, vabé, intendevo quello. Aulin, Efferalgan…: sono la stessa cosa,  antinfiammatori!”. Questa è stata la sua risposta e stavolta, davvero, mi ha sorpresa. Wow.

Grazia

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